Il succo di Aloe Vera fa ancora bene… purché tu sappia quale consumare!

Il succo di Aloe Vera fa ancora bene… purché tu sappia quale consumare!

07/03/2022 - Tanto è già stato scritto e detto che pare impossibile non ripetersi sulle qualità e virtù di questa succulenta, selezionata tra circa 500 specie di aloe sparse in Africa (suo habitat naturale), Medio Oriente, America Latina e in varie isole dell’Oceano Indiano e il cui uso è riportato già in tavolette di argilla risalenti al 2200 a.C. rinvenute vicino Baghdad, antica culla della Mesopotamia. È menzionata sia nella Bibbia che nel Papiro di Ebers (1550 a.C.), antichissima testimonianza scritta di prescrizioni mediche in cui è indicata per la cura del corpo e come medicinale, oltre che come ingrediente per l’imbalsamazione (da qui “pianta dell’immortalità”).

Il suo nome deriva dall’arabo Aluat e significa “cosa amara”, riferito al sapore del succo, cui è stato accostato da Linneo quel Vera, quasi un appellativo a garanzia di autentico benessere. 

Le virtù della pianta sono racchiuse nella linfa delle foglie che contiene un pool di sostanze in straordinaria quanto benefica sinergia tra loro. Ogni foglia è composta da 3 strati: 

  • lo strato esterno: la scorza verde che funge da barriera e che non viene utilizzata; 
  • lo strato intermedio: appena sotto la scorza, una linfa – o lattice - giallastra vagamente appiccicosa e amara per la presenza di aloina, un idrossiantracene utilizzato come amaricante nell’industria alimentare e terapeuticamente attivo come lassativo, ora avversato da una normativa europea (vedi più sotto).
  • la polpa interna: trasparente e insapore, contenente i composti bioattivi che rendono speciale la pianta. Parliamo di zuccheri complessi (in particolare i glucomannani, tra cui soprattutto l’acemannano, con proprietà antinfiammatorie e immunomodulanti verso agenti sensibilizzanti che causano allergie o malattie autoimmuni), sali minerali, vitamine, amminoacidi, enzimi, acidi organici, fosfolipidi, enzimi, lignine e saponine.

La direttiva europea sugli idrossiantraceni (e l’aloina)


Secoli, per non dire millenni, di conclamate virtù di una tra le piante officinali più usate al mondo sono incappati nelle maglie di alcune evidenze scientifiche che hanno messo in guardia sulla possibile genotossicità e cancerogenicità degli idrossiantraceni, sostanze conosciute anche col nome di antrachinoni e presenti in alcune piante diffusamente utilizzate.

Applicando al massimo il principio di cautela, una direttiva europea del marzo 2021 ha vietato l’uso, negli alimenti, di preparati a base di foglie di Aloe contenenti derivati idrossiantracenici. Il divieto è di fatto legato alla difficoltà dell’ente tutelare della sicurezza alimentare (l’EFSA) di stabilire una soglia massima di assunzione giornaliera sicura (che è stata comunque stabilita a 1 ppm). 

Attenzione però, i prodotti a base di Aloe banditi sono solo quelli contenenti idrossiantraceni, in poche parole contenenti l'aloina. 


Tutto dipende dalla lavorazione della foglia

Bere succo di aloe è dunque ancora salutare? Il prodotto attualmente in commercio viene forse “manipolato” per eliminare l’aloina?
Alla prima domanda la risposta è sì, è ancora salutare. Ma, seppure conformi alla normativa, non tutti i succhi in commercio sono uguali perché diverse sono le lavorazioni ammesse per l’estrazione del succo. Ed è qui che entra in gioco la seconda domanda.

L’attenta lavorazione della foglia assicura infatti la qualità del prodotto finale e, in una scala qualitativa dal migliore al più scarso, c’è chi propone succo ottenuto da filettatura manuale della sola polpa più interna, per natura priva di aloina; chi ricorre a una sezione più ampia della polpa che viene purificata da residui antrachinonici e decolorata con un filtraggio a carboni attivi – responsabile però dell’eliminazione di una minima parte delle sostanze bioattive; infine, è ammessa anche la lavorazione dell’intera foglia con solventi organici. 

Altro criterio per stabilire il contenuto, seppur in tracce, di idrossiantrachinoni è controllare le indicazioni sul modo d’uso: se è dichiarato che puoi berlo puro, avrai la garanzia che l’aloina è inferiore alla soglia stabilita di 1 ppm, se invece è richiesta espressamente la diluizione in altro liquido, trattasi di un escamotage per non superare il limite d’aloina ammessa. 


Una scelta di qualità dovrebbe inoltre preferire un succo puro al 100% e non pastorizzato durante nessuna fase della lavorazione, così che tutti gli attivi della pianta rimangano integri, specialmente vitamine e enzimi. 

Solo così starai consumando quel succo dall’azione emolliente e lenitiva sull’apparato digestivo, depurativo sistemico, antiinfiammatorio e immunomodulante apprezzato sin dall’antichità. 


 Articolo di Daniela Migliorati

Naturopata e floriterapeuta, dal 2004 mi occupo di benessere senza un confine tra stile di vita, professione e crescita personale. Ho una predilezione per l'uso delle erbe officinali, custodi di antichi codici di guarigione, e per la 'dolce potenza' dei fiori di Bach. Scrivo di alimentazione ed erbe officinali per Edizioni Riza, offro consulenze in alcuni centri nell'hinterland milanese e tengo laboratori e incontri per adulti e ragazzi sulle piante officinali e stili di vita sulla via del benessere naturale.


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